L'AVVENTO
DI "GIOVANNI DEL MATTO"
La
notizia della morte di Antonio il Matto di Brenzio
si diffuse fulmineamente per tutto il lago di
Como e nelle terre vicine e venne accolta come
la fine di un periodo di terrore. Eccitò, però,
anche notevoli desideri di vendetta in quanti
gli erano rimasti fedeli, soprattutto nei tre
figli che avevano scelto di seguirne le orme.
Fu così che Giovanni, il maggiore dei figli che
fino allora aveva prestato la sua opera di soldato
al servizio della Repubblica Veneta, decise di
ritornare in Patria per vendicare la morte del
padre e per raccoglierne l’eredità di masnadiero.
Convinto che l’Arciprete di Gravedona, Antonio
Curti, fosse il delatore che permise la cattura
del padre, non esitò ad assassinarlo.
Consumata la vendetta primaria, raccolse attorno
a sé i fidi di suo padre, fra i quali c’era anche
Gian Giacomo Medici, noto come il Medeghino o
Duca di Marignano, e armò una vera e propria flotta
con la quale, per tre anni, infestò le acque del
lago con arrembaggi e scorrerie, devastando i
paesi dell’una e dell’altra sponda.
Alcune delle sue imprese piratesche sono narrate
dagli scrittori dell’epoca con dovizia di particolari
e non senza raccapriccio.
Scrive
il Muralto: "...nell’anno 1518 i Tornaschi
(abitanti di Torno), che trasportavano secondo
la loro consuetudine su una nave i panni destinati
ai mercati di Germania, furono da Giovanni, figlio
del Matto di Brenzio, e dai suoi complici assaltati
in direzione di Olonio sul lago; ma gli stessi
mercanti presero la fuga avendo abbandonato la
nave con i drappi e con l’equipaggio, ma i banditi
s’impossessarono della nave e uccisero cinque
uomini dell’equipaggio e portarono i drappi di
gran pregio in quel di Brenzio. Questa ormai la
gloria e la salvezza riservate quotidianamente
ai sudditi del nome regio, e nessuno osa navigare
con mercanzie sul lago, ed era il XVI Marzo. E
col Matto c’erano i figli di Antonio Cernobino
(da Cernobbio) macellai, i quali, come lupi rapaci,
infestavano le strade con omicidi e rapine; ed
erano con il Matto stesso a prendere prigioniero
Gabriele Scannagatta che viveva nel territorio
di Dongo, ed ancora furono essi ad uccidere l’unico
figlio
dello stesso Gabriele, dopo averne garantito l’incolumità..."
Giulio
C. Zimolo racconta: "...era intanto incominciata
sordamente di là delle Alpi la prima guerra fra
Francesco 1° e il successore di Massimiliano,
Carlo V imperatore e già re di Spagna. Le ripercussioni
si fecero sentire anche nel territorio Comasco.
Nel governo di Como era succeduto il Capitano
Francese Graziano Garrau, il quale tentò anzitutto
di debellare il Matto per terra e sul lago, ma
senza alcun successo essendo anche quegli sostenuto
dai Grigioni che nello stesso territorio delle
Tre Pievi dominavano la montagna di Dongo.
Un congresso tenuto a Bellano fra i commissari
dei Francesi e quelli dei Grigioni, per indurre
questi ultimi ad abbandonare il Matto e ad unirsi
ai Francesi per combatterlo, ebbe pure esito negativo,
forse anche per opera del Trivulzio che cadde
in sospetto del re di Francia e, chiamato oltr’
Alpe a scolparsi, mentre era ancora in viaggio
fu sorpreso dalla morte a Chartres..."
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